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Assonime sul decreto attuativo della Direttiva Whistleblowing: pubblicata la Circolare 12/2023

Assonime sul decreto attuativo della Direttiva Whistleblowing: pubblicata la Circolare 12/2023

Il decreto legislativo n. 24 del 2023, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937, ha abrogato la disciplina nazionale previgente in materia di whistleblowing, racchiudendo in un unico testo normativo – per il settore pubblico e per il settore privato – il regime di protezione dei soggetti che segnalano condotte illecite di cui siano venuti a conoscenza in un contesto lavorativo. Sul nostro blog ne abbiamo parlato qui.

Brevemente, viene introdotto un sistema integrato di regole destinato al settore pubblico e privato che coordina diritto europeo e diritto nazionale con l’obiettivo di incentivare le segnalazioni di illeciti che pregiudichino l’interesse pubblico o l’integrità dell’ente. Il nuovo regime innalza il livello di protezione di cui beneficiano i segnalanti o c.d. whistleblowers, con cui oggi ci si riferisce a una categoria molto ampia di soggetti.

L’ambito di applicazione della disciplina è complesso ed è definito da un regime di obblighi e tutele che muta in base: (i) all’oggetto della violazione; (ii) alla natura pubblica/privata del soggetto di appartenenza del segnalante; (iii) alle dimensioni dell’ente privato e all’applicabilità allo stesso della disciplina 231/2001.

La nuova disciplina entra in vigore il 15 luglio 2023, salvo il termine più ampio del 17 dicembre 2023 per i soggetti del settore privato che abbiano impiegato fino a 249 lavoratori nell’ultimo anno.

Lo scorso 18 aprile, Assonime ha emesso una Circolare (n. 12/2023) esplicativa delle novità apportate dal D.Lgs. n. 24 del 2023 in materia di whistleblowing. Il documento analizza le principali novità del decreto attuativo, sia in riferimento ai profili di tutela del segnalante sia agli obblighi organizzativi a carico degli enti. Vediamone gli aspetti principali.

La Circolare esamina il Decreto sotto quattro profili:

  1. L’evoluzione della disciplina del whistleblowing nella cultura della legalità
  2. Ambito di applicazione della disciplina: tra tutele del segnalante e obblighi
  3. Le procedure di segnalazione
  4. Il regime di protezione per i segnalanti.

 

1.    L’evoluzione della disciplina del whistleblowing nella cultura della legalità

La Circolare evidenzia come il Decreto abbia introdotto “un sistema integrato di regole destinato al settore pubblico e privato che coordina diritto europeo e diritto nazionale con l’obiettivo di incentivare le segnalazioni di illeciti che pregiudichino l’interesse pubblico o l’integrità dell’ente”.

Viene rilevato, inoltre, come la disciplina nazionale previgente, in particolare per il settore pubblico, si ponesse già sostanzialmente in linea con i principi europei, seppur limitatamente alle segnalazioni di violazioni di leggi nazionali. Essa prevedeva, infatti, la tutela del dipendente della pubblica amministrazione che effettuasse segnalazioni di condotte illecite, nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione attraverso un canale interno o esterno affidato all’ANAC. Anche il contenuto delle tutele era equivalente consistendo in divieti di atti ritorsivi e in garanzie di riservatezza.

La direttiva imponeva, invece, un profondo ripensamento della disciplina per il settore privato – originariamente ancorata all’ambito di applicazione della disciplina 231/2001 e alle sole segnalazioni di illeciti rilevanti a tal fine, effettuate unicamente con un canale interno all’ente – volto ad estendere gli stessi obblighi organizzativi per gli enti e le stesse garanzie per i segnalanti previste per il settore pubblico anche al di là del perimetro della disciplina 231/2001.

2.    Ambito di applicazione della disciplina: tra tutele del segnalante e obblighi

Assonime evidenzia come il decreto distingua due categorie di soggetti cui si applicano le tutele: (i) il “segnalante”, cioè la persona fisica che effettua la segnalazione e la divulgazione pubblica di informazioni sulle violazioni acquisite nell’ambito del proprio contesto lavorativo; (ii) gli altri soggetti che, pur non avendo effettuato direttamente la segnalazione, sono comunque ritenuti meritevoli di protezione.

Tra i segnalanti rientrano tutti i soggetti che esercitino la propria attività lavorativa in un ente pubblico o privato. Si tratta di un elenco più ampio rispetto a quello previsto dalla disciplina precedente, volto a tutelare l’insieme delle persone collegate in vario modo all’organizzazione in cui si è verificata la violazione.

Nella categoria degli altri soggetti meritevoli di protezione, rientrano, invece: (i) i cosiddetti “facilitatori”, definiti come le persone fisiche che assistono una persona segnalante nel processo di segnalazione, operanti all’interno del medesimo contesto lavorativo e la cui assistenza deve essere mantenuta riservata; (ii) le altre persone che sono collegate all’informatore segnalante che potrebbero subire ritorsioni in un contesto lavorativo, come i colleghi di lavoro che abbiano con la persona un rapporto abituale o ricorrente; (iii) persone del medesimo contesto lavorativo che siano legate al segnalante da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado; (iv) gli enti di proprietà della persona segnalante o per la quale essa ha lavorato nonché gli enti che operano nel medesimo contesto lavorativo.

La Circolare osserva come si tratti di una categoria nuova, fino ad ora non contemplata dalla legislazione italiana, riferita a soggetti che non sono direttamente whistleblowers, la cui definizione in concreto può dar luogo a qualche incertezza interpretativa e ad alcune criticità. Tali soggetti sembrano godere di una tutela minore rispetto ai whistleblowers non sul piano sostanziale, ferma infatti restando l’applicazione del regime di protezione (riservatezza, trattamento dei dati personali, divieto di atti ritorsivi), ma sul piano processuale. In linea con la disciplina precedente, l’articolo 17 del decreto attribuisce, infatti, in generale all’ente l’onere di dimostrare che l’eventuale misura pregiudizievole adottata nei confronti del whistleblower dopo la segnalazione non abbia carattere ritorsivo. Questa regola, che determina l’inversione dell’onere probatorio, non sembra, in base al tenore della norma, poter essere estesa a questa diversa categoria di soggetti meritevoli di protezione, ma non qualificabili come segnalanti. Ad essi spetterebbe perciò l’onere di provare che la misura ritorsiva adottata è conseguenza della segnalazione.

3.    Le procedure di segnalazione

Assonime esamina il Capo II del decreto legislativo, il quale regola le procedure di segnalazione innovando in modo significativo rispetto alla disciplina previgente. In particolare, si distinguono tre tipi di procedure: (i) la procedura di segnalazione attraverso un canale interno all’ente; (ii) la procedura di segnalazione mediante un canale esterno istituito e gestito dall’ANAC; (iii) la divulgazione pubblica. Rimane, inoltre, ferma rispetto al passato la possibilità di effettuare denunce all’autorità giudiziaria e contabile.

Da notare che, con la modifica all’articolo 6 comma 2-bis del d.lgs. 231/01, il decreto impone, inoltre, agli enti che adottano il modello organizzativo di prevedere all’interno dello stesso, canali di segnalazione interna che siano conformi alle prescrizioni del decreto; nonché il divieto di ritorsione e il sistema disciplinare. 

Interessante il rilievo relativo all’incoraggiamento del ricorso allo strumento della crittografia, per rafforzare le garanzie della riservatezza, che si rinviene anche in relazione al canale di segnalazione esterno gestito dall’ANAC.

La Circolare raccomanda di rafforzare tale tendenza alla luce delle più recenti evoluzioni in tema di digitalizzazione delle imprese e dell’affermarsi di tecnologie avanzate di registro distribuito come ad esempio i registri DLT e in particolare le blockchain, le cui caratteristiche garantiscono la riservatezza, ma anche l’immutabilità e tracciabilità delle informazioni registrate e crittografate.

Per quanto riguarda la gestione della segnalazione, i soggetti del settore pubblico, in linea con la disciplina previgente, la norma prevede espressamente che la gestione della segnalazione debba essere affidata al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, previsto dalla legge 190/2012, ove nominato. Riguardo al settore privato il decreto non prevede nulla, rimettendo alla discrezionalità dell’ente l’individuazione del soggetto cui affidare l’incarico, tenendo conto altresì dei sistemi di controllo interno già esistenti nell’impresa, in funzione di prevenzione dei rischi e di tutela della legalità. Tale figura potrà, ad esempio, coincidere con un soggetto o una funzione interna all’ente (es. internal audit); con l’Organismo di vigilanza previsto dalla disciplina 231/2001, oppure con un soggetto esterno all’ente (outsourcer).

Una novità rilevante rispetto alla disciplina previgente riguarda la previsione che consente ad alcuni soggetti di “condividere” il canale di segnalazione interna e la relativa gestione. Questa possibilità è data ai comuni diversi dai capoluoghi di provincia e, nel settore privato, ai soggetti che hanno impiegato, nell’ultimo anno, fino a 249 lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo determinato e indeterminato. Sul punto è tuttavia intervenuta nel giugno 2021 la Commissione europea affermando che la condivisione delle risorse è concessa solo alle medie imprese e non anche a imprese di grandi dimensioni, nelle quali una gestione comune pregiudicherebbe le ragioni di efficienza e prossimità dei canali di segnalazione. Secondo la Commissione non è precluso alla capogruppo prevedere anche canali di segnalazione centralizzati, a condizione che essi coesistano con i canali di segnalazione all’interno di ciascuna controllata, per assicurare il criterio di prossimità al segnalante.

Da rilevare anche che, con riferimento al canale di segnalazione esterna, le modalità per la presentazione e la gestione in concreto delle segnalazioni esterne sono definite con linee guida che ANAC adotta, entro giugno 2023, sentito il Garante della protezione dei dati personali. Esse andranno a sostituire quelle attualmente vigenti adottate dall’Autorità con Delibera n. 469 del 9 giugno 2021 relative alla L. 179/2017 con riguardo alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni.

4.    La procedura della divulgazione pubblica 

La più rilevante novità introdotta con la nuova normativa è relativa alla possibilità per il segnalante di effettuare una divulgazione pubblica beneficiando della protezione. Va infatti ricordato che la legge sul whistleblowing italiana non proteggeva il caso di comunicazioni inviate al di fuori dei canali interni ed esterni.

In sede di recepimento della Direttiva questa norma ha sollevato molte perplessità nei diversi Stati membri, trattandosi di una misura che, se non correttamente bilanciata, può prestarsi ad abusi ed esporre gli enti a seri rischi reputazionali. Si è anche, tuttavia, osservato che la previsione della possibilità di ricorrere alla divulgazione pubblica, può costituire un incentivo per gli enti a porre in essere canali interni ed esterni più strutturati, efficienti e sicuri.

Al fine di realizzare un equilibrio tra i diversi interessi coinvolti il decreto, in particolare, prevede la facoltà per il segnalante di ricorrere a tale procedura soltanto quando ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

  • che si sia previamente utilizzato il canale interno o esterno, ma non vi sia stato riscontro o non vi sia stato dato seguito nei termini previsti;
  • che sussista un “pericolo imminente e palese per il pubblico interesse”.
  • che non siano stati utilizzati i canali interni o esterni per rischio di ritorsione o per inefficacia di quei sistemi.

 

Per scaricare i documenti oggetto di commento, clicca qui: Circolare 12_2023 (assonime.it)

 

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