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RESPONSABILITÀ DEL CEO DI INTESA SAN PAOLO PER VIOLAZIONE DI NORME IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO. NELLE STRUTTURE ORGANIZZATIVE COMPLESSE, IN CASO DI INDIVIDUAZIONE DI UN RISCHIO ASPECIFICO, RISPONDE IL DATORE DI LAVORO “APICALE”.

RESPONSABILITÀ DEL CEO DI INTESA SAN PAOLO PER VIOLAZIONE DI NORME IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO. NELLE STRUTTURE ORGANIZZATIVE COMPLESSE, IN CASO DI INDIVIDUAZIONE DI UN RISCHIO ASPECIFICO, RISPONDE IL DATORE DI LAVORO “APICALE”.

Con sentenza del 17 marzo 2022 (ud. 15 febbraio 2022), n. 9028, la III Sezione penale della Corte di Cassazione ha statuito, ribadendo i principi già espressi nella sentenza sulla strage di Viareggio, come “una volta individuato il rischio come non specifico delle attività svolte nelle singole attività, tanto che la sua gestione presuppone poteri non disponibili a quei datori di lavoro, è del tutto conseguente che la valutazione di tale rischio è oggetto di un obbligo che fa capo al datore di lavoro ‘apicale‘.”

  1. Il caso

La vicenda riguardava il Ceo di Intesa San Paolo, che avrebbe, secondo l’accusa, posto in essere una serie di condotte in violazione delle norme a tutela della sicurezza sul lavoro nell’ambito dell’attività di prevenzione contro la pandemia.

In particolare, l’imputato, tra il 5 giugno del 2020 ed il 12 novembre dello stesso anno, avrebbe omesso la puntuale valutazione del rischio richiesta ai sensi dell’art. 29 c.1 e 55 c.1 del D.Lgs. 81/2008, in relazione alle “malattie trasmissibili pandemia covid-19” oggetto del DVR 24 maggio del 2020. Tali condotte si sarebbero concretizzate, altresì, nell’omessa individuazione e designazione della figura del responsabile della sicurezza.

Il G.i.p. del Tribunale di Savona, interessato a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, assolveva l’imputato con formula piena “perché il fatto non sussiste”.

Avverso la sentenza proponeva ricorso per Cassazione la Procura presso il Tribunale di Savona lamentando l’erronea interpretazione da parte del giudicante del dato normativo posto a fondamento della pronuncia assolutoria. Invero, a detta del ricorrente, la qualifica di datore di lavoro rilevante ai fini dell’integrazione della fattispecie in contestazione, spettava all’imputato, quale consigliere delegato e Ceo di Intesa San Paolo.

  1. L’iter logico-giuridico seguito.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, sottolineando, in prima battuta, come ciò che viene in rilievo nel caso di specie sia la condotta di “omissione di atti dovuti da parte del CEO, e, al contrario, a nulla rilevi il distinto tema “della validità ed efficacia del documento di valutazione del rischio (DVR) rispetto a soggetti terzi, inclusi i dipendenti e i lavoratori“.

La Cassazione sottolinea che, sulla base della delega ricevuta, il soggetto delegato dall’organo apicale doveva essere ritenuto titolare del rapporto di lavoro “in senso prevenzionale/sicuristico”, ma “non anche in senso giuslavoristico”. Alla luce di dette affermazioni la posizione giuridica del delegato non risulta assimilabile a quella del datore di lavoro come fissata dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, lett. b).

A detta dei giudici “tale disposizione, infatti, individua il datore di lavoro nella persona che è “titolare del rapporto di lavoro” o che comunque “ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa” con riferimento a tutta l’operatività aziendale. L’unicità del concetto di datore di lavoro impone di escludere che la relativa figura possa essere sotto-articolata a seconda delle funzioni svolte o dei settori produttivi e che la medesima organizzazione, ove unitaria, o una sua unità produttiva possano conoscere la compresenza di più datori di lavoro.”

Il Supremo collegio, richiama alcuni passaggi della sentenza di Viareggio, dalla quale emerge una chiara interpretazione del dettato normativo in relazione a organizzazioni complesse.

Nella pronuncia di Viareggio, (Sez.4, n. 32899 dell’8/1/2021), (pg. 481 ss.), si legge: “La previsione normativa che prefigura la possibilità di avere nell’ambito di una medesima impresa una pluralità di datori di lavoro non permette di proiettare gli effetti del singolo ruolo datoriale sull’intera organizzazione. La costituzione di un datore di lavoro all’interno di una più ampia organizzazione per effetto dell’articolazione di questa in più unità produttive presuppone che sia individuabile ed individuata siffatta unità per le cui necessità di funzionamento il soggetto chiamato a gestirla viene dotato di tutti i poteri decisionali e di spesa necessari. Si stabilisce, così, una relazione biunivoca tra tale soggetto e l’unità organizzativa, tale per cui egli diviene in essa – e solo nell’ambito di essa – datore di lavoro.E pertanto, “ In realtà organizzative che presentano simile connotazioni si determina la contestuale presenza di un datore di lavoro al vertice dell’intera organizzazione – che pertanto potrebbe dirsi “apicale” – e di uno o più datori di lavoro che potrebbero definirsi “sottordinati”. Infatti, per essi il ruolo datoriale non elide il vincolo gerarchico verso il datore di lavoro “apicale”; la particolarità è che tale vincolo si esprime con modalità che non intaccano i poteri di decisione e di spesa richiesti dalla autonoma gestione dell’unità produttiva. Quando invece tali vincoli si riflettono anche su tale gestione, è da escludersi che ricorra un datore di lavoro sottordinato, profilandosi piuttosto un dirigente.

“Il datore di lavoro sottordinato è quindi destinatario di tutte le prescrizioni che si indirizzano alla figura datoriale; ma entro la e in funzione della gestione della sicurezza nell’ambito dell’unità organizzativa affidatagli.” E ciò, proprio in ragione di “quella stretta connessione che lo stesso disposto normativo pone fa sì che la valutazione dei rischi non possa attenere a rischi che risultano affidati a diversi datori di lavoro (per esempio quelli ai quali è stata affidata altra unità produttiva fornita di analoga autonomia; ma anche quello che resta vertice dell’organizzazione entro la quale sono individuate le diverse unità produttive autonome).

  1. La decisione

Il Supremo collegio conclude evidenziando come, all’esito dell’accertamento dell’atto notarile avente ad oggetto la delega di poteri dal datore di lavoro ad altro soggetto, ed escluso che detta delega avesse per oggetto l’intera organizzazione e l’intero rapporto giuslavoristico, deve necessariamente ritenersi che il soggetto delegato non rivestisse la qualifica di datore di lavoro.

Detta qualifica, infatti, restava in capo al delegante, soggetto apicale, in quanto proprio l’atto di delega non includeva l’attribuzione di poteri decisionali e di spesa riferiti all’intera struttura organizzativa.

In virtù di detto ragionamento i giudici di legittimità evidenziano come l’imputato restasse l’unico titolare degli adempimenti previsti in materia di sicurezza, non delegabili ai sensi dell’art. 17 c.1 lett. b) D.Lgs. 81/2008.

Per detti motivi la Cassazione ha annullato con rinvio il provvedimento assolutorio emesso dal G.i.p. di Savona.

 

Avv. Adamo Brunetti

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