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L’ALLONTANAMENTO DAI PRINCIPI DELLE SEZIONI UNITE DI UNA RECENTE PRONUNCIA SULL’INDIVIDUAZIONE DEL DATORE DI LAVORO.

L’ALLONTANAMENTO DAI PRINCIPI DELLE SEZIONI UNITE DI UNA RECENTE PRONUNCIA SULL’INDIVIDUAZIONE DEL DATORE DI LAVORO

Cass., Sez. III, sent. 15 febbraio 2022 (dep. 17 marzo 2022), n. 9028, Pres. Marini, Rel. Socci

La Corte di Cassazione (Cass. Pen., sez. III, sent. 15 febbraio 2022, dep. 17 marzo 2022, n. 9028) ha recentemente annullato con rinvio una sentenza di assoluzione pronunciata dal Giudice del merito, rispetto alla emissione di decreto penale di condanna nei confronti del soggetto che avrebbe dovuto essere identificato quale datore di lavoro ai sensi dell’art. 2, lett. b, d. lgs 81/2008.

Al presunto datore di lavoro erano contestati gli illeciti contravvenzionali previsti dagli artt. 29, co. 1, e 55, co. 1, lett. a), nonché artt. 17, co. 1, e 55, co. 1, lett. b), d. lgs 81/2008, ma era stato ritenuto dal giudice di merito privo dell’invocata posizione di garanzia in ambito prevenzionistico.

1.    Il caso.

Nella singolare pronuncia in esame decisione segnalata la Suprema Corte ha escluso che potesse essere qualificato quale datore di lavoro il soggetto identificato in sede di merito, in quanto il medesimo aveva “dichiarato (…) [di essere] titolare del rapporto di lavoro «in senso prevenzionale/sicuristico», ma «non anche in senso giuslavoristico»”.

In particolare, nella lettura proposta dalla Suprema Corte, il datore di lavoro dovrebbe essere qualificato quale soggetto che esercita i poteri decisionali e di spesa “con riferimento a tutta l’operatività aziendale”, tenendo conto del fatto che “l’unicità del concetto di datore di lavoro” porterebbe ad “escludere che la relativa figura possa essere sotto-articolata a seconda delle funzioni svolte o dei settori produttivi”.

2.    Il ragionamento della Cassazione.

La sentenza in commento sostiene che la tesi esposta possa trovare conferma “in plurime decisioni di questa Corte, a partire dalla sentenza n.18200/2016, Grosso e 3 altro, del 7 gennaio 2016, che affronta alle pagg.9-11 il tema di chi debba essere considerato “datore di lavoro” in relazione ai poteri di gestione dell’intera unità organizzativa”.

 Si evidenzia, in particolare, come la pronuncia di legittimità sembra porsi in controtendenza rispetto all’orientamento giurisprudenziale che valorizza la titolarità dei poteri funzionali all’effettiva gestione del rischio in materia prevenzionistica quale elemento essenziale ai fini della individuazione, all’interno dell’organizzazione aziendale, dei soggetti garanti ex d. lgs 81/2008.

L’orientamento maggioritario, a titolo esemplificativo, ha chiarito come “la sussistenza della posizione di garante coincide, in linea generale, con quella di soggetto gestore del rischio” e che va pertanto accertata “sulla scorta dell’effettivo e concreto governo del rischio e delle finalità protettive che lo sorreggono” (Cass. Pen., Sez. IV, 29.1.2021, n. 5802) e, ancora, che “ogni posizione di garanzia è costituita in relazione alle necessità di governo del rischio” giacché “la logica stessa della normativa prevenzionistica […] attribuisce obblighi securitari a colui che è titolare di poteri organizzativi e decisionali che trovano nei luoghi di lavoro l’ambito spaziale e funzionale di estrinsecazione” (Cass. Pen., Sez. IV, 9.9.2015, n. 40721).

Sul punto, la “chiave di volta” è stato certamente l’insegnamento delle Sezioni Unite nel fondamentale arresto ThyssenKrupp, secondo cui “ruoli, competenze e poteri segnano le diverse sfere di responsabilità gestionale ed al contempo definiscono la concreta conformazione, la latitudine delle posizioni di garanzia, la sfera di rischio che deve essere governata”, sicché, “nell’ambito di organizzazioni complesse, d’impronta societaria, la veste datoriale non può essere attribuita solo sulla base di un criterio formale, magari indiscriminatamente estensivo, ma richiede di considerare l’organizzazione dell’istituzione, l’individuazione delle figure che gestiscono i poteri che danno corpo a tale figura” (Cass. Pen., SS.UU., 18.9.2014, n. 38343).

Conclusioni.

Le coordinate interpretative cui è pervenuta la S.C. con il presente arresto sembrano essere in netta discontinuità con la giurisprudenza consolidata in tema di diritto penale del lavoro. Giova ricordare, in conclusione, come una risposta strutturata al tema dell’adempimento alla normativa prevenzionistica, e non già “meramente formale” sia richiesto da legislatore rispetto all’adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex. D.lgs. 231/2001.  Fra l’altro, l’art. 30, co. 3, d. lgs 81/2008, prescrive una normativa specifica in tema di Modelli 231 e sicurezza sul lavoro, in quanto si dispone che il modello debba “prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio”.

Avv. Adamo Brunetti

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